Branca della chimica, o meglio della chimica fisica, che si
occupa dello studio della velocità delle reazioni chimiche e dei
meccanismi con cui esse avvengono. La termodinamica chimica fornisce i dati
necessari per conoscere l'evoluzione di un sistema e la posizione
dell'equilibrio di ogni reazione; non può tuttavia prevedere con quale
velocità il sistema, in certe condizioni chimico-fisiche, si
porterà all'equilibrio. D'altra parte è ovvio che nella
realizzazione di un impianto chimico interessa non solo conoscere quanto
prodotto si avrà a partire da una certa quantità di reagenti, ma
anche in quanto tempo avverrà la trasformazione. Ciò permette
infatti di sapere quanto prodotto potrà uscire da un certo impianto ogni
giorno (o unità di tempo qualsiasi); dai dati cinetici si conosce quindi
la produttività di un certo impianto. Naturalmente la
c.c. si
occupa anche della ricerca di mezzi con i quali influire su questa
velocità, di solito per aumentarla. I metodi di indagine della
c.c. sono essenzialmente sperimentali; i tentativi teorici non sono
mancati, ma hanno avuto finora scarso successo. Anche la sperimentazione non
è semplice. La velocità di una reazione dipende da moltissimi
fattori (pressione, temperatura, tipo di apparecchiatura in cui si fa avvenire
la reazione, distribuzione dei reagenti e dei prodotti, scambi termici, ecc.)
non sempre tutti ben enucleabili. Anche riuscendo ad avere condizioni ben
riproducibili resta però la difficoltà di poter analizzare la
composizione del sistema giunto ad un certo punto della reazione per stabilirne
la composizione. Ciò va fatto in un tempo talmente breve che la reazione
si possa pensare pressoché ferma. Si capisce pertanto come sia
praticamente impossibile esaminare in tempi diversi i prodotti di una reazione
che avviene ad esempio in un millesimo di secondo. In certi casi è
possibile però una misura in continuo. Ad esempio se la reazione avviene
con variazione del numero di moli la pressione del sistema (chiuso) è
proporzionale all'avanzamento della reazione. In altri casi si possono usare
metodi colorimetrici, polarimetrici, conduttometrici, spettrometrici, ecc. Le
determinazioni avvengono principalmente in
condizioni statiche (i
reagenti sono introdotti in un recipiente chiuso e si segue nel tempo il
formarsi dei prodotti) o
dinamiche (i reagenti sono fatti passare in
flusso continuo nell'apparecchiatura di reazione o
reattore, e da questo
estratti in continuo). Una volta appurato l'andamento di una reazione in un
reattore di laboratorio, resta poi la grandissima difficoltà di prevedere
come essa andrà in un reattore di dimensioni industriali, e di progettare
tale reattore. ║
Leggi della c. c. Innanzitutto occorre dire che
cosa s'intende per
velocità di una reazione, benché il
concetto sia intuitivo, dato che deriva da una grandezza meccanica ben nota. Sia
assegnata una reazione che scriveremo coi simboli
generici:
a A +
b B
c C
+
d D
ove A, B, C, D sono specie
generiche e
a, b, c, d, sono i loro rispettivi coefficienti di reazione.
In un tempuscolo
dt scompariranno
dnA moli di A e
dnB moli di B, mentre si formeranno
dnC moli
di C e
dnD moli di D (avendo indicato con
nA,
nB,
nC,
nD, il numero di molecole di A, B, C e D). Fra queste
variazioni esiste una reazione stechiometrica e precisamente la
seguente:

essendo

una quantità definita da questa
relazione e detta
grado di avanzamento. Essa aumenta col procedere della
reazione fino ad un certo valore (diverso di solito caso per caso)
corrispondente all'equilibrio del sistema. La velocità della reazione
(indicata con
v.) è la derivata rispetto al tempo del grado di
avanzamento, cioè:

La prima legge cinetica è
la
legge dell'azione di massa, enunciata nel 1867 da Guldberg e Waage:
"la velocità di una reazione ad un certo istante è proporzionale
alla quantità di molecole non reagite ancora presenti nell'unità
di volume (cioè alla concentrazione) nell'istante considerato". Non
è però valida in tutti i casi. Gli studi di Wilhelmy (1850) sulla
reazione di inversione del saccarosio in soluzione acquosa sembravano suffragare
questa ipotesi. La reazione è la
seguente:
C
12H
22C
11
+ H
2O

C
6H
12O
6 +
C
6H
12O
6saccarosio
acqua glucosio
fruttosioe può essere
seguita al polarimetro, dato che il saccarosio è destrogiro, il glucosio
pure destrogiro e il fruttosio levogiro e dotato di potere rotatorio molto alto:
la soluzione inizialmente destrogira diventa gradualmente levogira. Studiando
diverse reazioni del tipo descritto all'inizio della voce, Berthelot (1862)
giunse alla conclusione che la velocità di reazione poteva esprimersi
come prodotto di una costante
k per le concentrazioni dei reagenti, che
indicheremo con

e
. Pertanto si
scriverebbe:
v =

che però non è
vero in ogni caso. In generale si deve invece scrivere (come appurò Van't
Huff) così:
v = k

ove

e

sono due coefficienti da determinare caso
per caso. In certe reazioni, dette
cineticamente normali,

= a e

=
b,
onde si scrive:
v=k

La somma
p =

è
detta
ordine della reazione. Considerando sempre la reazione genetica
sopra scritta, le stesse considerazioni fatte valgono anche quando si consideri
che essa può procedere anche verso sinistra. Si può quindi
introdurre la velocità di reazione
v' verso sinistra che si
esprimerà:
v'=k'

L'equilibrio chimico non
è statico, ma dinamico; la trasformazione non cessa di avvenire, ma
avviene con velocità uguali verso sinistra e verso destra, onde è
come se non avvenisse. Si può quindi affermare che all'equilibrio si ha
v = v'. La relazione, nel caso di reazioni cineticamente normali
(

=
a,

=
b,

=
c,

=
d)
diventa:

Ricordando
(V. CHIMICA FISICA) che la costante di equilibrio
K
c (l'indice
c indica che è espressa in termini di
concentrazioni invece che di pressioni)
vale:

si vede subito che esiste una
relazione fra le costanti cinetiche e di equilibrio (ricavate, si noti bene, per
vie diverse e con presupposti diversi), e
precisamente:
Kc =
h'/kQuesta relazione è molto
importante in quanto mostra che un risultato della cinetica concorda
perfettamente con quello analogo della termodinamica. Per tornare all'ordine di
reazione, ricordiamo che le reazioni del primo ordine sono dette anche
monomolecolari, quelle del secondo
bimolecolari, ecc. Ciò
è inesatto. Infatti una reazione è ad esempio bimolecolare quando
essa avviene per l'urto fra due molecole: tale dovrebbe essere quindi anche
quella d'inversione del saccarosio che si è vista sopra. D'altronde una
reazione del
tipo:
Ca
3P
2 +
6H
2O

3Ca (OH)
2 +
2PH
3per avvenire richiederebbe
l'urto contemporaneo di ben sette molecole (quelle che sono indicate a sinistra
della freccia), cosa che è impossibile. Il calcolo mostra infatti che,
mentre l'urto fra due molecole ha una certa probabilità, quello fra tre
molecole ha una probabilità assai minore, mentre quello fra quattro o
più molecole ha una probabilità pressoché infinitesima. Si
conclude che le reazioni, quale che sia il loro ordine, sono per lo più
bimolecolari (se non addirittura monomolecolari); rarissime sono quelle
trimolecolari e non esistono reazioni che coinvolgano contemporaneamente quattro
o più molecole. Ad esempio la reazione ora scritta, in soluzione acquosa,
appare essere monomolecolare. Vediamo ora la reazioni dei primi ordini.
a)
Reazioni di ordine zero. In questo caso la velocità di reazione si
esprime semplicemente così:

(avendo indicato con
c la
concentrazione del generico reagente). Integrando si
ottiene:
c = -
kt +
costante
dove la costante è la
concentrazione iniziale. La concentrazione del reagente va quindi diminuendo
linearmente, mentre la velocità resta costante. Le reazioni di ordine
zero sono molto rare.
b) Reazioni di primo ordine. In questo caso si ha
che:

Se
a è il numero
di moli iniziali e
x è il numero di moli convertite, moltiplicando
ambo i membri per il numero di moli totale si
ottiene:

che integrata fornisce
l'espressione:

Le reazioni del primo ordine
sono abbastanza comuni; le reazioni di disintegrazione nucleare sono tutte di
questo tipo.
c) Reazioni di ordine generico. Si giunge alla
relazione:

essendo
n l'ordine di
reazione. L'integrazione di questa fornisce per le reazioni di ordine

la
formula:

per le reazioni di ordine due la
formula:

per le reazioni di ordine tre si
ottiene invece:

e così via. Si tenga
presente che anche le dimensioni della costante di equilibrio variano al variare
dell'ordine; ad esempio per l'ordine zero le dimensioni sono moli/litro x
secondo; per quelle di ordine uno sono secondi
-1, per quelle di
ordine due sono litri/moli x secondi. Dall'analisi delle formule integrate si
può constatare che la velocità di reazione decresce continuamente
al procedere della reazione, seguendo una curva esponenziale (eccetto per quelle
di ordine zero). La velocità di reazione decresce tanto più in
fretta quanto maggiore è l'ordine di reazione; essa si annulla
però teoricamente in un tempo infinito, in quanto è asintotica
all'asse dei tempi. Si vede quindi che, poiché al procedere della
reazione la velocità diminuisce, l'equilibrio è raggiunto
teoricamente solo in un tempo infinito; in pratica basta un tempo
ragionevolmente lungo perché vi si arrivi tanto vicino da poterlo
considerare raggiunto. Spesso si fa riferimento anche al
tempo di
semitrasformazione di una reazione. È l'intervallo di tempo
necessario affinché metà dei reagenti presenti si trasformino in
prodotti. Ha molta importanza nel caso di decomposizioni spontanee (o indotte)
di materiali radioattivi. Per stabilire l'ordine di una reazione si può
determinarne il tempo di semitrasformazione; per averne però
l'espressione completa della velocità occorre determinare i coefficienti
(

,

, ecc.) dall'espressione genetica. Talvolta
si possono verificare reazioni
cinematicamente anomale: in questo caso
nell'espressione della costante di velocità può comparire ad
esempio anche la concentrazione di una specie prodotta o di una specie che non
partecipa alla reazione. Il problema si complica notevolmente quando si tenga
conto dei fenomeni di
catalisi (V.). Ancor
più difficile è a volte stabilire il meccanismo di reazione; in
questo campo esistono ancora dei grandissimi dubbi su reazioni molto semplici
almeno formalmente. In generale si progetta un cammino
per stadi
successivi, ognuno dei quali ha per reagente almeno uno dei prodotti degli
stadi precedenti. Tutti questi stadi sono poi soggetti a delle regole: ad
esempio la reazione di ogni stadio deve essere al massimo bimolecolare in
entrambi i sensi. Ciononostante quasi tutti i meccanismi di reazione proposti
restano delle ipotesi di lavoro, in attesa che in questo campo si ottengano
risultati abbastanza soddisfacenti. Secondo teorie enunciate alcuni decenni or
sono e tutt'ora in fase di sviluppo, il verificarsi di reazioni chimiche
è dovuto alla collisione fra molecole, le quali però devono
collidere con energia cinetica sufficiente affinché i legami che devono
rompersi si spezzino. Perché ciò si verifichi occorre però
che la collisione avvenga fra le due molecole quando queste sono orientate
opportunamente e hanno a disposizione dell'energia di risonanza sui legami
opportuni. La
teoria di Eyring introduce l'ipotesi che a partire da
molecole di reagenti si formi un
complesso attivato il quale poi continua
la reazione. Questa naturalmente segue il cammino di minore sforzo; si comprende
quindi come la catalisi (che permette di suddividere l'energia di attivazione
che dovrebbe essere fornita tutta in una volta in una serie di energia di
attivazione minori) abbia un forte effetto sulla velocità di reazione.
L'energia di attivazione è oggi interpretata in chiave di complesso
attivato; essa era però già stata introdotta nel secolo scorso da
Arrhenius, il quale vide per la maggior parte delle reazioni la dipendenza della
costante di velocità
k dalla temperatura assoluta
T alla
quale avviene l'attivazione può essere riassunta nella
legge:

essendo
R la costante dei
gas ed
E una grandezza avente le dimensioni di un'energia che fu detta
appunto energia di attivazione. Essa corrisponde alla quantità di energia
che deve essere fornita ad una molecola per porla in grado di reagire durante un
urto. Se si rappresenta graficamente il
cammino di reazione si vede che
esso parte dai reagenti, passa ai reagenti attivati e giunge infine ai prodotti.
Questi possono trovarsi ad un livello energetico superiore o inferiore a quello
dei reagenti secondo che la reazione sia rispettivamente endotermica o
esotermica. Nel primo passaggio si deve fornire un'energia che poi viene
restituita (e può servire per attivare altre molecole, cioè per
mantenere viva la reazione). Nel secondo passaggio viene emessa dell'energia; la
differenza fra queste due energie è l'
effetto entalpico della
reazione o, come si suol dire, il

H della reazione (chiamato anche
calore
di reazione. L'attivazione di un sistema può essere fatta per varie
vie: termica, elettrochimica, con radiazioni luminose, raggi X, raggi beta o
gamma, ecc. Il calcolo di
E è possibile osservando la variazione
della
k con la temperatura, e si fa con la formula sopra riportata. La
velocità di reazione aumenta sempre con la temperatura (salvo rarissimi
casi): in particolare essa si raddoppia ad ogni aumento di 10°C circa della
temperatura. Sulla natura delle specie attivate esistono ancora molte
discussioni; ormai però sono dimostrate la formazione di radicali e
quella di carbocationi e carboanioni. In alcuni casi si hanno delle reazioni
cosiddette
a catena, in quanto la creazione di una specie attivata porta
alla formazione di molte molecole di prodotto, dato che nel passaggio dalla
specie attivata ai prodotti si riforma un'altra specie attivata (uguale o
diversa da quella originale). Ad esempio la reazione di produzione di acido
cloridrico a partire da idrogeno e cloro, che si scrive di
solito:
H
2 + Cl
2

2
HCl
è una tipica reazione a catena.
Essa è innescata da un fotone
h
(e quindi dalla luce) oppure da una
scintilla. Indicando con un punto l'elettrone spaiato presente nei radicali, la
catena si scrive
così:
Cl
2

2
Cl
·Cl
· +
H
2 
HCl +
H
.H
· + Cl
2

HCl +
Cl
·Cl
· +
H
2 
HCl +
H
·La prima reazione
è l'
apertura o
iniziative di catena; le altre sono reazioni
di
propagazione della catena stessa. Si forma continuamente acido
cloridrico finché avviene una delle
reazioni:
Cl
· +
Cl
· 
Cl
2H
·
+ Cl
· 
HCl
che sono
reazioni di chiusura di
catena, in quanto scompaiono i radicali che la propagano. Le reazioni a
catena sono molto numerose; a questo tipo appartegono tutte quelle di
polimerizzazione e policondensazione: i vari monomeri si addizionano infatti uno
alla volta in successione ordinata.